Tunisia 2024 | Inseguendo i miraggi
23 ottobre – 1 novembre 2024
Testi e foto di Matteo Marinelli R.T. Earth
Tunisia ottobre 2024: in ogni viaggio ci diamo una meta, un punto nel cuore del deserto. In ogni viaggio immaginiamo quello che ci aspetterà al nostro arrivo, una vista particolare, un qualcosa che ci attrarrà o ci lascerà quella piacevole sensazione, quella immancabile soddisfazione. Io l’ho avuta ancor prima di incontrare la sabbia, percorrendo quei meravigliosi ed emozionanti 47 chilometri.
Tunisia 2024, Parco Nazionale di Jebil
UN VIAGGIO DIVERSO
È passato un anno esatto dal nostro primo viaggio alla scoperta del deserto tunisino e solo sei mesi dall’ultimo; nei primi due viaggi abbiamo iniziato a capire come muoverci e ci sono serviti soprattuto a capire come ottimizzare le performance e gli spazzi del nostro veicolo. Un lavoro sul campo che ci permette di collaudare nuovi prodotti destinati a questo utilizzo, che possono creare ulteriore confort e praticità nel viaggio.
Iniziamo anche a capire come muoverci in questo territorio e a come iniziare a prendere i nostri punti di riferimento. Vediamo dei piccoli cambiamenti lungo le strade, nei paesini o nei villaggi che attraversiamo, tutto inizia a diventare un po’ più familiare, a partire dalle guide locali che ci accolgono con grande ospitalità e un gentile entusiasmo.
Questa volta il nostro itinerario ci ha condotto in luoghi nuovi e per alcuni versi inaspettati, ma ovviamente l’obiettivo rimane sempre quello, attraversare un angolo di questo mare di sabbia e affrontare nuove emozioni.
Tunisia ottobre 2024
Usciti da Tunisi, il convoglio si è diretto in direzione Tozeur per la notte. Dopo un’abbondante colazione ci mettiamo di nuovo in marcia per raggiungere le Oasi di Montagna, dove parcheggiati i veicoli abbiamo avuto la possibilità di addentrarci nel Tamaghza Canyons, in una profonda fenditura creata in millenni dall’erosione dell’acqua. L’abbiamo risalita in un percorso ad anello che alla fine ci ha condotto ai piedi di una piccola, ma deliziosa cascata. Lungo il percorso siamo stati accompagnati da una guida che ci ha spiegato la formazione geologica del canyon e del centenario e del lussureggiante palmeto, una verde radura incastonata nel tipico giallo ocra del montuoso deserto.
Direzione Douz. I piani iniziali sarebbero stati quelli di attraversare le piste del Chott el-Jerid, ma la natura ci ha sorpresi nuovamente. Le impreviste e abbondanti piogge delle settimane precedenti hanno permesso al bacino del Chott di riempirsi d’acqua obbligandoci a percorrere la statale P16 che lo attraversa. Pur essendo su asfalto la vista era impagabile e da ambo i lati, per circa 47 chilometri, eravamo avvolti dal cielo come se viaggiassimo su uno specchio. Lingue di sabbia e sale emergevano, creando un quadro in continua mutazione, e in lontananza siamo riusciti a scorgere per la prima volta i miraggi, che da queste parti chiamano i trenini di Tozeur, perché creano questo effetto visivo di un piccolo convoglio ferroviario.
SAHARA
Giunti a Douz, ultima possibilità di rifornirci prima di addentrarci nel Sahara, per ascoltare il breafing di Fabio (SEALAND ADVENTURE) per tutte le dritte per la guida su sabbia e ripartire con l’ago della bussola rivolta a sud in direzione del Tembaine (che abbiamo avuto modo di visitare lo scorso aprile e godere della vista dalla sua cima). Giunti qui a poche ore dal tramonto abbiamo avuto solo il tempo di bere un buon caffè e riprendere la marcia per il primo campo, accendere un bel fuoco e vedere Amour e Saber preparare il pane secondo la tradizione e, perché no, preparare delle caldarroste.
I giorni a seguire li abbiamo passati tra la sabbia per cercare il divertimento tanto atteso. Tra le dune e le alte e sinuose creste che abbiamo conquistato con non poche difficolta, tra qualche imprevisto meccanico e qualche inevitabile insabbiamento della carovana. Seguiamo le rotte che abbiamo iniziato ad imparare, che ci riportano ai ricordi degli scorsi viaggi, nuove risate e discorsi fatti davanti al fuoco tra amici e tra viaggiatori.
Quando si rientra le emozioni sono contrastanti. Una parte di noi vorrebbe continuare verso nuove direzioni, l’altra parte più razionale ci vuole riportare più semplicemente verso una doccia calda per levarci la sabbia di dosso, ma sopratutto per tornare a casa!
CHENINI
Di nuovo in marcia per le ultime tappe del nostro viaggio, lasciamo l’oasi di Ksar Ghilane e con essa il deserto. Direzione nord-est. Tra un mix di asfalto e piste poco battute, ci ha condotto a Chenini, una perla perfettamente mimetizzata in cima a due promontori, ricca di storia e leggende.
La Chenini antica fu eretta nel XII secolo come villaggio/granaio fortificato tra due picchi, per difendersi e difendere il prezioso grano dagli attacchi dei predoni, con la particolarità che ancora oggi alcune strutture vengono ancora utilizzate per immagazzinare questo bene prezioso e per servire la popolazione della valle sottostante. A Chenini si trova anche la meravigliosa Moschea dei Sette Dormienti, incastonata tra i due picchi e a poco sotto nella valle si vede il cimitero berbero. La moschea è dedicata a sette cristiani di Efeso, martirizzati proprio in questo luogo e divenuti poi santi dell’Islam e protagonisti di molti racconti islamici e ricordati anche nel Corano.
La moschea è anche il punto migliore dal quale godere della vista sulla valle, in realtà quella che oggi chiamiamo valle è il fondale di un antico mare, del quale restano i segni indelebili dell’erosione causata dall’acqua. L’ultima curiosità su Chenini riguarda la sua morfologia vista da un particolare punto che rispecchia la silhouette di un cammello (2 gobbe) accovacciato con la testa che punta esattamente nella direzione della Mecca.
ULTIMA TAPPA E ULTIMA CURIOSITÀ
Lasciamo Chenini alla volta di Matmata per rilassarci l’ultima sera in un albergo in stile Troglodita scavato nella roccia nel quale piace tornarci se l’itinerario ci porta in zona. La mattina partiamo di buon ora per tornare a Tunisi, tra i tornanti che risaliamo velocemente in cima ad una collina non possiamo non vedere un Tataouinea hannibalis (la riproduzione a grandezza naturale), ossia un sauropode risalente a 110 milioni di anni fa nel Cretaceo Inferiore, i cui resti sono stati rinvenuti ai piedi di quella cima nel 2011, ma classificati e certificati più tardi nel 2015.
La nave lentamente ci riporta verso casa con una nuova esperienza da custodire e una nuova avventura da raccontare, non so dove il prossimo viaggio ci porterà, ma sicuramente ci arricchirà nella esperienza e nelle cose che potremo osservare. Magari sarà Tunisia ottobre 2025!
Testo/Foto: ©Matteo Marinelli
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